mercoledì 11 marzo 2009

Arsenal - Roma: la trasferta di vita del nostro Fabione

Un viaggio massacrante, un viaggio della speranza, una viaggio della passione. Sì, magari viaggio della passione è più appropriato. Una passione illogica per una squadra di calcio. Detta cosi non ha molto senso. Andiamo con ordine. Per la prima volta nella mia vita decido di seguire la Roma (sì la Roma, non lu Milan ,la Juventus o L'Inder, come si direbbe da me in Abruzzo), in trasferta europea. Londra, 25 febbraio 2009, si gioca Arsenal – Roma, ottavo di finale di Champion's League (ah la vecchia Coppa dei Campioni, sospirone). Col fido compagno giallorosso Jona, decidiamo di farci assolutamente questa trasfertona. Organizzare una trasferta europea risparmiando è una impresa. Tifosi che controllano in diretta i sorteggi per prenotare voli Ryanair in super offerta, Ryanair che simultaneamente alza i prezzi dei voli Roma-Londra, Monaco-Lisbona, Manchester-Orio al Serio basandosi sui sorteggi, file per i biglietti che iniziano il pomeriggio del giorno prima della vendita e biglietti che si esauriscono in 15 (15!!!) minuti. Fortunatamente, noi, il problema aereo l'abbiamo risolto efficacemente: decidiamo di fare scalo a Francoforte Hahn (io partendo da Orio e Jona da Roma), per poi raggiungere Londra in un secondo momento. Ritorno: io volo diretto da Luton alle 6:35 di mattina (7 ore dopo la fine della partita), Jona utilizzando il diabolico scalo Frankfurtese (partenza 20 ore dopo la fine della partita). Prezzo io 10 € a/r, Jona poco di più. Efficace no? Si. 'Na cifra. Ma non lasciatevi ingannare ingenui lettori. Lo schema seguente esplicherà le tappe del viaggio: FABIO: 22 febbraio: Partenza da Bologna, col mio zainetto pseudo-peruviano in spalla, sciarpetta della Roma ancora nello zainetto pseudo-peruviano, domenica 20 febbraio alle ore 11:08 con l'unico espresso rimasto per Milano. Arrivo alle ore 13:20. Soggiorno domenicale nella ridente Cassano d'Adda ospite da un'amica, serata tranquilla e a letto presto. 23 febbraio: Partenza da Orio al Serio alle 8:35, direzione Francofort Hahn. Arrivo alle ore 10. Pomeriggio a Francoforte. Partenza per Londra Stansted alle 23:20, arrivo alle 23.40 (“Staminchia, ci vogliono 20 minuti”, no c'è il fusorario). Pernottamento a Stansted Airport. 24 febbraio: Partenza per Londra Centrale alle 6:30. Arrivo 1h20' dopo. Giornata a Londra. Partita. Dopo partita treno per Londra Luton alle 23:00, arrivo 1h dopo. Pseudo-pernottamento a Luton Airport. 25 febbraio: Partenza alle ore 06:35, arrivo a Orio al serio alle 9:30 (sempre la storia del fuso). Partenza col primo Espresso disponibile per Bologna, ore 12:20. Arrivo a Bologna, ore 14:45 Arrivo a casa mia, ore 15 Arrivo a letto, ore 15:03 Quindi: DURATA VIAGGIO: 79 ore, 4 giorni 3 notti. CHILOMETRI MACINATI: 3635 km (non contando i chilometri a piedi) PREZZO COMPLESSIVO: 170 € ORE DI SONNO: 12 in tutto Dopo una domenica tutto sommato normale, arrivo lunedì mattina a Frankfurt Hahn, patria del noto “panino con i würstel quelli lunghi che non ce la fai a mangiarli. Mi cambio la sciarpa e aspetto i romanisti in arrivo da Ciampino, tra cui Jona. Qui arriva un aereo carico di romanisti che sì, fanno scalo come me, ma che hanno l'aereo per Londra subito dopo il loro arrivo a Francoforte. Quasi un aereo intero che scappa dal terminal arrivi a quello partenze. Noi ce la prendiamo con calma. Ci accodiamo ad altri 3 ragazzi di Roma che fanno il nostro stesso viaggio. Rimarremo con questa formazione fino alla fine. Decidiamo di andare in giornata a Francoforte. Torniamo giusto in tempo per prendere l'aereo per Londra Stansted. Secondo i dettami del giovane vagabondo, dormiamo in aeroporto per 2/3 ore e, sul far del giorno, raggiungiamo Londra Centrale. Abbiamo poco tempo per visitare qualcosa. Parte quindi, da buoni maniaci del pallone, il “Tour Stadi di Londra”. Nell'ordine: visita all'Emirates Stadium, Highbury (che stanno trasformando in un residence con tanto di giardino interno al posto del campo di gioco), Stamford Bridge e Craven Cottage. L'Emirates Stadium , situato a 100 metri dalla fermata della metro Arsenal, è una bomboniera. Da fuori sembra un albergo a 5 stelle. Veniamo accolti da una trentina di romanisti sprovvisti di biglietti che aspettano invano che aprano i botteghini. Ci chiedono di toglierci le sciarpe perché “sennò ce riconoscono”. Famo, cioè facciamo un giro allo shop, e, avviandoci per Highbury veniamo avvicinati da un losco figuro, che ci offre 2 abbonamenti dell'Arsenal per vedere la partita. Caso vuole che i nostri compagni di viaggio aspettino altri due amici sprovvisti di biglietto che arriveranno nel pomeriggio. Quindi combiniamo l'affare per loro. Penso di essere nel set di “Febbre a 90”. La strada che porta ad Highbury, nell'omonimo quartiere, è un continuo di casette a schiera e anziane che annaffiano i fiori e ti salutano dicendo “Gooooodmorning” (risposta: “'giorno signòòò). La desolazione nel vedere uno degli stadi più belli inglesi che diventa un residence è totale. Cantieri tutto intorno. Gente che lavora. Rimaniamo 10 minuti imbambolati a osservare (come i vecchietti ai lavori in corso), dal lato del Clock End, cioè quello dell'orologio. Gli spalti ci sono ancora, la copertura in stile Decò anche. Manca il resto. Raggiungiamo Stamford Bridge, ambiente ostile, anche perché ci sono gli juventini che gironzolano intorno allo stadio (il Chelsea è anche gemellato con la Lazie). Ecco, lo stadio è ristrutturato. Nuovissimo. Un bel “palazzo” anche questo. Ma non è quello che ci aspettavamo. Classico giro al Chelsea shop, con le foto di Scolari e Sheva (forse i manifesti non sono molto aggiornati) e poi via verso Craven Cottage, stadio di proprietà del Fulham, situato nello stesso quartiere di Stamford Bridge. Craven Cottage è quello che si può dire un VERO STADIO INGLESE. Benchè ristrutturato, mantiene un'atmosfera Old Style, romantica in un certo senso, che fa tanto “calciodiunavoltachenonc'èpiu”. Chiamato cosi perché all'interno ospita un cottage (un cottage!!!, impensabile), da dove si può ancora guardare la partita, Craven Cottage è immersa in un parco della periferia londinese, presenta mattoncini rossi sulla facciata, i seggiolini in legno, i piloni di supporto che non ti fanno vedere la partita (tipo Vicenza o Perugia), e poi una struttura sovrastata dall’insegna con il nome del club. Peccato che non ci abbiano fatto entrare perché c'era la F.A. Cup la sera. A nulla sono valsi i nostri magheggi con le receptionist e gli steward davanti ai cancelli (perle come “we are journalist of il Romanista, we're writing about Vincenzo Montella. Dou you know Vincenzo Montella?”). Inflessibili. Ci siamo accontentati di sbirciare da fuori e qualcosa l'abbiamo visto. O almeno mi sono reso conto che uno stadio cosi non lo (non)vedrò da nessun altra parte. Poi, dopo aver visto Camden e Piccadilly (almeno questo dovevo vederlo), ci dirigiamo belli gasati, ma anche belli sfiancati, all'Emirates Stadium. Sono le ore 18 locali. Siamo attorniati da nugoli, da sciami di tifosi della Roma, che per tutto il nostro breve soggiorno a Londra non abbiamo mai smesso di incontrare. In ogni fermata della metro. In periferia. A Camden. A Piccadilly. Dappertutto. Molti chiedevano se avevamo qualche biglietto in più. Moltissimi. Secondo me un migliaio di persone non l'aveva sto biglietto. Arrivati nei dintorni dello stadio, ci dirigiamo verso il nostro settore, tutto nella massima tranquillità e pensavo: “Ma quanti ne siamo? Ammazza siamo solo romanisti. Ma ndo stanno quelli dell'Arsenal?”. Ho scoperto, in seguito, che qua in Inghilterra entrano tutti al fischio d'inizio. Lì tutti si sfondano di birra nei pressi dello stadio fino all'ultimo e se non stanno fuori sono nel baretto all'interno (ma senza birra). C'è già un bella fila. Un migliaio di romanisti che si accalcano già, cantando a squarciagola. In mezzo, la polizia inglese a cavallo, con dei cavalli alti 4 metri credo, tra un po arrivano al primo anello. Entriamo tra qualche spintone, ma niente di che. I controlli ai tornelli sono blandi, più o meno come in qualunque stadio di provincia italiano (a me nemmeno lo zaino hanno controllato). Il motivo di questa apparente scarsezza di controlli è che dentro lavorano 800000 steward che guadagnano lo stipendio controllando i tifosi. Appena vedono qualcosa che non va, ZACCHETE!, intervengono. Per esempio: ti vuoi fumare una sigaretta? ZACCHETE! Minacce del tipo “o la butti o vai fuori”. Gente che fumava nei cessi, come a scuola, e che veniva ripresa, altri che si nascondevano sotto i seggiolini fumando. Scene da delirio (“Oh ce sta? Daje puoi fumà nte stanno a guardà”). Gli steward del secondo anello, se notano qualcosa di strano comunicano con quelli del primo (dove eravamo noi). Poi parte il raid e il cazziatone. In uno stadio moderno inglese, oltre agli steward bacchettoni (che fanno solo il loro lavoro sia ben chiaro), puoi scoprire: Seggiolini monocromatici rossi modello cinema, foderati in pelle, che nemmeno al Teatro delle Vittorie Il Bar dello stadio che vende acqua (la birrettina no) e hot dog alla modica cifra di 5 pounds L'idea di cosa sia un prato all'inglese o di cosa voglia dire l'espressione “prato di stadio inglese”. Avevi voglia di tuffarti. L'inno dell'Arsenal (lo trovate qui http://www.youtube.com/watch?v=3QosCT7cTtQ ) Un vero insulto agli inni, che anche i loro tifosi si rifiutano di cantare. In confronto l'inno del Milan di Tony Renis è You'll Never Walk Alone. Il Bingo. Tra il primo e il secondo tempo c'è l'estrazione di una lotteria con tanto di speaker esaltato che dice fiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiveeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee al posto di five o eiiiiiiiiiiiiiighty-threeeeeeeeeeeeeeee al posto di eighty-three. Il lotto alle otto. Lo stadio è iper-confortevole, iper-funzionale, iper-bello. Ma è iper: non sembra quasi uno stadio, è un teatro. Una banalità magari, ma rende bene l'idea. Tecnicamente si dovrebbe stare seduti al proprio posto assegnato dal biglietto. Noi non l'abbiamo fatto per esempio (né seduti, né al proprio posto), ma in questo caso già sai che nessuno reclamerà. Mi hanno detto che a Manchester non era cosi, ma in questo caso la situazione era più che tranquilla. I tifosi locali, sono invece belli seduti, per la maggior parte del match in rigoroso silenzio. Solo due/tre squarci (impressionanti a dir la verità) in 2 ore. Sembra che il pubblico sia assuefatto a questa comodità, a questa agiatezza rarefatta, che sembra reale, ma che alla fine rende alienato e alienante. Individuo in mezzo a tanti individui. Insieme sugli spalti solo fisicamente. Non è con gli altri il “dodicesimo uomo in campo”. Abituato ad andare al teatro-stadio, segue regole che non ha mai pensato di seguire per una partita di calcio, ha cambiato abitudini che non avrebbe mai pensato di cambiare e si è stupito di quando gli hanno detto che non avrebbe visto più la sua squadra del cuore nel suo stadio, ma in un altro, più bello più funzionale più confortevole più iper. Arriveranno anche in Italia. E magari rimpiangeremo molti stadi (il Delle Alpi no). Ma magari anche no. La partita scorre veloce, noi perdiamo male, ma cantiamo tutta la partita. Finisce il match. Usciamo, dopo essere stati cacciati dagli steward (lì dopo 20 minuti chiudono tutto, devi d'annà fori). Io saluto Jona e gli altri, che rimarranno la notte a Londra, e mi avvio verso l'aeroporto di Londra Luton. In seguito a varie vicissitudini e a vari mezzi di trasporto arrivo a Bologna 17 ore dopo il fischio finale di Roma-Arsenal.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Io c'ero.
Lollo da Bruxelles (a.k.a. Bruxello)